“Vogliamo apprendisti motivati, affidabili, proattivi.”
È quello che le aziende dichiarano di cercare. Ma poi li inseriamo in ambienti dove nessuno ha tempo di seguirli davvero, dove il clima è freddo, il feedback arriva solo quando qualcosa va storto, e la cultura interna premia chi “tira avanti” piuttosto che chi cresce.
Che senso ha chiedere ai giovani un salto di qualità, se l’azienda resta ferma?
Intanto loro cercano tutt’altro: un contesto che li ascolti, relazioni autentiche, senso in quello che fanno. Non chiedono premi. Chiedono coerenza. E se non la trovano, si disconnettono. Oppure se ne vanno. La verità è che non possiamo più permetterci di intervenire a metà. Non basta lavorare sul singolo giovane o sulla motivazione individuale. Non basta cambiare il tono di un colloquio o introdurre un corso extra.
Se il contesto resta lo stesso, il sistema rigetta il cambiamento.
Un’azienda può anche investire nella formazione tecnica, ma se non si lavora parallelamente sulle competenze relazionali ed emotive, la comunicazione si rompe. Può migliorare l’onboarding, ma se nei mesi successivi mancano ascolto e presenza reale, il legame si spezza. Può aggiornare il linguaggio nei valori aziendali, ma se i comportamenti concreti della leadership non sono allineati, il messaggio perde credibilità.
Ogni azione ha bisogno di coerenza trasversale. Cambiare un elemento e trascurarne un altro rischia di creare ancora più distanza, ancora più disillusione. È il sistema che deve evolvere, non solo la persona. E questo non è più un tema marginale.
La Generazione Z rappresenta già il 27% della forza lavoro: non è più tempo di aspettare. Una scoping review accademica del 2024 mostra che, per Gen Z, relazioni autentiche e una leadership vicina sono due fattori chiave nella decisione di restare in un’azienda. E se non ci sono, non trattano. Se ne vanno. E con loro, anche il potenziale costruito.
Aspettare ancora significa perdere energie, tempo e competenze.
Il punto è semplice: non possiamo più permetterci di ignorare il contesto. Un apprendista o un collaboratore motivato è il frutto di un ambiente che motiva. Un giovane affidabile è il risultato di una relazione che trasmette fiducia.
Un talento che cresce ha bisogno di un’organizzazione che cresca insieme a lui, che si allinei alle sue caratteristiche per poter lavorare su e con lui.
Alcune aziende hanno già iniziato questo percorso. E i risultati, dopo due anni, si vedono: meno conflitti, meno abbandoni del percorso formativo, più autonomia, più soddisfazione condivisa.
Non perché il giovane sia “cambiato”, ma perché l’azienda ha scelto di diventare parte del cambiamento.