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Sara Rossini17 apr 20252 min read

Il prezzo della rinuncia

Ci sono costi che non si vedono subito. Non compaiono nei bilanci di fine anno, né nei preventivi. Ma prima o poi, si fanno sentire. Sono i costi della rinuncia, quelli che le aziende pagano quando scelgono di non investire nella formazione dei giovani.

In un contesto economico sempre più incerto, dove trovare personale qualificato è diventato complesso – se non impossibile – formare nuove leve dovrebbe essere una priorità strategica. E invece, spesso, si rinuncia. Per mancanza di tempo, di risorse, di visione. Ma ogni volta che un’azienda decide di non formare un apprendista, sta facendo una scommessa rischiosa: quella di riuscire comunque a restare competitiva, pur senza assicurarsi il capitale umano per il futuro.

Il rischio invisibile

Sempre più aziende raccontano storie simili: «Cerchiamo da un anno un collaboratore, ma non troviamo nessuno adatto». E intanto, il personale qualificato attuale si avvicina alla pensione. Alcuni settori vivranno veri e propri vuoti generazionali. Ma nonostante questo, l'apprendistato – che dovrebbe rappresentare la via d’accesso privilegiata al futuro – viene trascurato, interrotto o, peggio ancora, evitato.

In Ticino, 1 apprendista su 3 interrompe l’apprendistato nei primi due anni. E 1 su 7 non supera la procedura di qualificazione finale.

Cosa significa questo per un’azienda che ha bisogno di forza lavoro preparata e motivata? Significa che formare non basta: bisogna anche accompagnare, investire, progettare. E soprattutto, non bisogna arrendersi. Perché la soluzione non è smettere di formare. Sarebbe la strada più semplice. Ma è anche quella che ci porta dritti verso il baratro.

Qualità senza persone?

La qualità è ciò che rende un’azienda del territorio competitiva in un mercato che somiglia sempre di più a una giungla. Ma come si può garantire un progetto di qualità se manca il personale all’altezza per realizzarlo? Formare non è solo un gesto di responsabilità sociale. È una scelta imprenditoriale lucida.

Chi oggi investe in giovani formati internamente, domani avrà collaboratori già inseriti, allineati, motivati. Chi invece rinuncia, rischia di ritrovarsi a rincorrere un personale che non c’è, in un mercato sempre più povero di candidati. E non dimentichiamolo: nei prossimi anni, il calo demografico renderà tutto ancora più difficile. Meno giovani significa meno scelta. E la scelta è già oggi limitata.

Non possiamo più vivere alla giornata

Molti imprenditori continuano a prendere decisioni sul personale guardando solo al breve termine. Ma il tempo delle scorciatoie è finito. Oggi serve pianificare. Oggi serve investire nel personale come si fa con i macchinari, i nuovi materiali, le tecnologie.

Perché un macchinario senza qualcuno che sappia usarlo è inutile. E un’innovazione senza persone competenti che la sappiano valorizzare non porta risultati. Formare è difficile. Ma non formare è peggio.

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