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Sara Rossini20 giu 20253 min read

La nuova sfida dell’apprendistato: contesto, non compiacenza

Non è questione di assecondare i giovani, ma di preparare il terreno per farli crescere. E con loro, far crescere anche l’azienda.

In queste settimane si parla molto di disagio giovanile durante l’apprendistato. Lo studio WorkMed 2025 lo conferma: oltre il 60% degli apprendisti ha vissuto difficoltà psicologiche lungo il percorso formativo. Ma attenzione: nella maggior parte dei casi, non si tratta solo di fragilità personali. E non è neanche solo un “problema della Generazione Z”.

Il punto è un altro: il contesto in cui li inseriamo non è progettato per farli crescere davvero, e questo non vale sono per gli apprendisti, possiamo ampliarlo alle nuove generazioni.

E la situazione è ancora più delicata se consideriamo che molti giovani che iniziano un apprendistato hanno già alle spalle un percorso scolastico difficile, esperienze di fallimento o mancanza di fiducia in sé stessi. Arrivano già in salita. E spesso li lasciamo da soli e chiediamo loro maggiore autonomia proprio nel momento in cui avrebbero più bisogno di una guida.

Il problema non è che i giovani non hanno voglia.

Il problema è che chiediamo loro autonomia, disciplina, organizzazione e spirito d’iniziativa… senza prima averli aiutati a svilupparli.

Durante l’apprendistato viene chiesto ai ragazzi di gestire:

  • un nuovo ritmo quotidiano,
  • una doppia responsabilità tra scuola e azienda,
  • una relazione gerarchica con adulti che, non di rado, non sono preparati a sostenerli davvero.

E mentre il carico cresce, il supporto spesso manca. Il risultato? Stress, frustrazione, senso di inadeguatezza e, nei casi peggiori, abbandono.

I giovani sono fragili. È vero.

Ma non nel senso in cui spesso si pensa. Sono fragili perché sono in una fase di costruzione, perché stanno imparando a reggere il peso delle responsabilità, perché affrontano cambiamenti importanti senza ancora avere tutti gli strumenti per gestirli. Questa fragilità non è un difetto, è una fase. E come ogni fase di crescita, va accompagnata con consapevolezza.

Accompagnarli non significa assecondarli

Molte aziende confondono il “mettere al centro la persona” con il “dare ragione ai giovani su tutto”. Niente di più sbagliato. Non serve abbassare l’asticella. Serve costruire le basi giuste. Contesti dove il giovane può imparare a gestire le pressioni, organizzarsi, sbagliare e correggere. Contesti dove si sente accolto, ma anche guidato. Dove la relazione con il formatore è forte, non formale.

Cosa può (e deve) fare un’azienda?

  • Dare struttura, chiarezza e ascolto: senza queste tre cose, l’apprendistato diventa un salto nel vuoto.
  • Creare fiducia: la relazione è il primo strumento formativo. E oggi è anche il primo motivo per cui molti apprendisti mollano tutto.
  • Supportare chi forma, perché il ruolo del formatore non è più solo trasmettere competenze tecniche.
  • Anticipare il cambiamento: perché il mondo del lavoro non è, e non sarà, più come prima.

Non è una tendenza. È una trasformazione

Chi pensa che queste nuove esigenze siano una moda passeggera, sottovaluta il cambiamento in corso. Il potere si è spostato: se un tempo erano i giovani a inseguire le aziende, oggi sono le aziende a dover dimostrare di valere. La vera differenza, nel futuro, non la faranno i prodotti o i servizi, ma le persone che sapremo attrarre, crescere e trattenere.

 


Noi di Fill-Up siamo stati i primi in Svizzera a introdurre un approccio innovativo all’apprendistato: un vero e proprio ponte tra generazioni.

Non si tratta solo di coaching, ma di una strategia strutturata che aiuta i giovani a crescere con consapevolezza e le aziende a formare con efficacia. Accompagniamo le aziende nella creazione di contesti formativi solidi, umani e strutturati, pensati per rispondere ai bisogni reali delle nuove generazioni e per dare ai formatori gli strumenti per fare davvero la differenza.

Ciò che offriamo non è solo supporto: è una visione. Una visione che trasforma l’apprendistato in ciò che dovrebbe essere: una palestra di crescita, non una corsa a ostacoli. Perché chi forma bene oggi, domani non dovrà più rincorrere professionisti competenti.

Li avrà già in casa.

E soprattutto, li avrà cresciuti.

 

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