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Sara Rossini26 mag 20253 min read

Sostenere senza sostituirsi: una sfida (troppo) attuale

Quando la fatica dei figli diventa il peso silenzioso dei genitori

“…il nostro compito, oggi, è fare in modo che i giovani non si sentano così soli, che possano trovare negli adulti non un ostacolo ma una guida capace di dare loro sostegno e speranza del futuro.”
– Matteo Lancini, Chiamami adulto

Nel percorso formativo dei giovani, soprattutto all’interno dell’apprendistato, la figura del genitore rimane centrale. Ma non sempre riesce a essere costruttiva. Anche quando il ragazzo o la ragazza appare autonomo, alle spalle c’è spesso una famiglia che osserva, accompagna, si preoccupa. E, sempre più spesso, si carica sulle spalle molto più di quanto riesca davvero a sostenere. Negli ultimi anni è diventata più evidente una dinamica delicata: l’intervento immediato dell’adulto – per risolvere, sistemare, alleggerire – non è sempre una forma di supporto. Anzi, a volte diventa – involontariamente – una conferma per il giovane che la difficoltà che sta vivendo è troppo grande, troppo urgente, troppo grave per poter essere affrontata da solo. E così, il malessere si amplifica. Non perché il genitore sbaglia, ma perché l’ansia di aiutare finisce per far sentire ancora più fragile chi è già in difficoltà.

Una nuova responsabilità adulti

In un mondo che si muove in fretta e pretende risposte immediate, molti genitori si trovano soli davanti alle difficoltà dei figli. Chi accompagna giovani nei percorsi formativi lo vede ogni giorno: dietro a un apprendista in crisi c’è spesso un genitore allo stremo, alla ricerca di soluzioni, in cerca di una formula che possa sistemare tutto. Non reggere più quella sensazione di impotenza è forse il tratto più comune. Restare nella posizione di chi sostiene – senza sostituirsi – non è solo un atto di fiducia. È un gesto che fa male. Fa male vedere un figlio soffrire. Fa ancora più male non poter intervenire per aggiustare le cose. E questa incapacità – che non è mancanza di amore, ma limite profondamente umano – molti genitori non riescono a gestirla. Ci si sente colpevoli, frustrati, inadeguati. E si cerca aiuto nella speranza che qualcuno dica finalmente: “Fai così e andrà meglio.”

Ma con i giovani, le ricette semplici non funzionano. Funziona piuttosto la possibilità di restare presenti, anche quando non si ha il controllo. Di esserci, anche quando non si sa più cosa dire o fare. E forse, oggi più che mai, serve anche uno spazio per i genitori: per riconoscere la propria fatica, per non vergognarsi della confusione, per smettere di cercare risposte perfette e iniziare a condividere il peso.

Quando il contesto fa la differenza

Anche nel mondo del lavoro e nei percorsi di apprendistato, il modo in cui si costruisce la rete attorno al giovane è fondamentale. Le Aziende Verificate Fill-Up, ad esempio, mostrano che è possibile creare ambienti in cui il giovane può contare su adulti affidabili, presenti, capaci di sostenere senza invadere o anticipare ogni passo. Ma non è solo il giovane a trarne beneficio. Uno dei vantaggi concreti di questi contesti è anche per i genitori: poter parlare con un interlocutore esterno, neutrale e competente, fa la differenza. Confrontarsi con Fill-Up permette di uscire dall’isolamento, di sentire che quella fatica è condivisa, normale, e che qualcuno sta seguendo il percorso del figlio con attenzione, pronto a intervenire quando serve. Non è una soluzione magica. Ma è una misura concreta, che alleggerisce il carico mentale e riporta fiducia nella possibilità che, anche nei momenti difficili, non si è soli.

Chiudere gli occhi, fare un respiro, restare accanto

In fondo, anche questo è un modo per accompagnare. Non ci sono genitori perfetti. Ma ci sono genitori presenti, imperfetti, stanchi, ma ancora lì. E questo, spesso, è già tantissimo.

 

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